Di Luigi Tenco non si canta mai abbastanza, né si parla troppo e la nostra memoria ci restituisce di lui un’immagine sbiadita che non può riconoscergli il suo giusto valore. Così la sua opera rimane sospesa in uno spazio enigmatico da cui pare volersi ancora riscattare e risuonare sempre, per continuare a raccontarci la sua visione del mondo che ancora oggi, a distanza di oltre 50 anni dalla sua morte, conserva un’attualità sorprendente. Nelle sue canzoni, che parlino d’amore o di fenomeni sociali, Tenco mette in crisi la realtà e manifesta la sua necessità di contestarla. Ma la lezione più grande che apprendiamo da lui è questa: la critica, la protesta, la ribellione diventano efficaci solo quando siamo attori e non spettatori della nostra realtà, a partire da un individuale percorso interiore di consapevolezza.
In questo spettacolo in cui musica e prosa creano un’unica partitura, il cantautore genovese incarna la sua voce cantante nel corpo di una donna, raccontando le sue canzoni anche attraverso una sensibilità femminile. Tenco dunque si sdoppia in due figure complementari: un interprete maschile che rappresenta il Tenco realmente vissuto, l’uomo che ha prematuramente abbandonato questo mondo; e un’interprete femminile in cui si incarna l’anima creativa che continua a risuonare attraverso la sua musica. Ne deriva l’immagine di un Tenco meno conosciuto, svelato nella sua contraddizione e fragilità, così come nella sua determinazione; nell’inquietudine come nella vitalità; nella sua necessità di denunciare l’iniquo come di esplorare i processi complessi dell’amore. Le sue stesse dichiarazioni, le riflessioni, gli stralci di alcune sue interviste, compongono il tessuto della prosa che si alterna all’esecuzione delle sue bellissime canzoni, da quelle più note e amate (Vedrai vedrai, Mi sono innamorato di te) a quelle meno note, provocatorie e ironiche (Prete in automobile, Vita sociale). Il percorso così tracciato attraverso l’opera tenchiana, conduce lo spettatore fino al tragico epilogo del 1967: Ciao amore, ciao a Sanremo, l’esclusione dalla finale, la morte controversa.
Io vorrei essere là nasce da un’idea di Monica Pinto che ha sempre avuto nella musica di Tenco un riferimento fondamentale per il suo percorso di cantante e cantautrice. Questo spettacolo realizzato insieme al regista e attore Luca Di Tommaso, l’attore Mario Di Fonzo e il musicista Giosi Cincotti rappresenta un atto di gratitudine verso un grande artista, Luigi Tenco, che, se non fosse morto allora, avrebbe certamente scritto altri ineguagliabili capolavori.